sabato 2 febbraio 2013

QUANDO MUORE UN PARTIGIANO. CIAO ENORE!

Da poco abbiamo appreso della scomparsa nella notte del nostro caro amico e compagno Enore Lugli. Con lui abbiamo condiviso molto della nostra mobilitazione politica, è stato un esempio di lotta e coraggio. La sua preziosa testimonianza quotidiana è stato uno dei tanti motivi che ci ha incentivato a portare avanti il valore dell'antifascismo. 


Caro Enore, 
Grazie. 
Noi ti salutiamo così: 

Quando muore un Partigiano

Quando muore un Partigiano muore una parte di noi, muore una parte del nostro paese. 
Ci sentiamo tutti un pò più soli, come se improvvisamente non avessimo più qualcuno che 
potesse farci vivere una parte di storia, raccontarcela, farcela sentire ancora, come se 
fossimo  stati li, con lui, tra le montagne, nelle città, nelle officine, braccati come bestie. 
Ma le bestie erano dall’altra parte, erano quelli che braccavano, che inseguivano, che 
torturavano, arrestavano, uccidevano per niente, uomini, donne, bambini, chiunque 
capitasse a tiro della loro ferocia. 
E lo facevano così, tanto per farlo, per sentirsi meno vili e contemporaneamente 
onnipotenti di fronte a persone inermi. 
Uno dopo l’altro, in ogni parte d’Italia, inesorabilmente il corso naturale della vita chiede 
ad ogni partigiano il conto, lo chiede a tutti quelli che hanno costruito con sacrificio quello 
che noi abbiamo oggi. 
Un paese libero. 
Libero per tutti, e dove tutti possono parlare senza paura di essere arrestati o picchiati, 
liberi dire la propria. 
Libertà per tutti, indistintamente, anche per chi  tenta in ogni modo di infangare chi questa 
libertà ha costruito. 
I Partigiani. 
I Partigiani che combattevano, lo facevano per chi era a favore, per chi era indifferente 
nascosto come un vile nella sua sicura cantina, e anche per chi era contro. 
Hanno lottato, combattuto, per tutti. 
Quanti di noi avrebbero il coraggio di fare altrettanto oggi? 
Quanti di quelli che oggi chiacchierano a vanvera sarebbero disposti a quei sacrifici? 
Serve rispetto. 
Bisogna avere rispetto di quelle persone, dei nostri nonni, dei nostri padri, dei loro amici, 
delle donne che hanno vissuto quel periodo, dei tanti che in un modo o nell’altro, 
combattendo o aiutando, nascondendo e favorendo, hanno potuto tranciare il gioco 
tremendo del nazismo e del fascismo. 
Quanti innocenti trucidati, quanti uomini inermi torturati, quante donne, quanti bambini 
uccisi, bruciati vivi, persone di ogni ceto sociale, militari e civili, sacerdoti, uomini politici,  
operai, contadini, e quante deportazioni nei campi di sterminio, quante sofferenze. 
Questo è stato il fascismo e il nazismo, in Italia e in Europa. 
Questo hanno visto i Partigiani e  questo ci hanno raccontato. 
Hanno raccontato la verità, una verità fatta di pianto e di tragedie. 
Quando muore un Partigiano, si sente un brivido correre lungo la schiena e ci si sente 
quasi disarmati, come se tutto finisse con loro, con i loro racconti, con le loro 
testimonianze che non sentiremo più. Quando muore un Partigiano ognuno di noi dovrebbe riflettere su quello che questi uomini 
e queste donne sono stati capaci di fare, di costruire, vivendo una battaglia impari, 
soffrendo storie quasi incredibili ma vere, vissute sulla propria pelle ma con la coscienza di 
essere tutti insieme parte di un grande progetto. 
Il loro progetto è diventato il nostro, il loro era ed è stato un progetto di liberazione, una 
guerra di Liberazione, perché questa è stata la Resistenza. 
Con le sue molte luci e le sue poche ombre che proprio il movimento Partigiano ha saputo 
isolare e soffocare, denunciare e reprimere, durante e dopo la Resistenza, ma questo è la 
storia a raccontarcelo, sono i fatti a dimostralo, fatti che non possono essere manipolati. 
E nessun revisionismo potrà mai cancellare nella radice del Paese le pagine gloriose di 
quegli uomini e di quelle donne. 
In noi che siamo figli e nipoti di Partigiani, figli e nipoti della Resistenza, noi che ne siamo 
stati conoscenti o amici, rivendichiamo  senza paura e senza timore l’orgoglio di esserne gli 
eredi più accreditati. 
Quando muore un Partigiano ognuno di noi sente di dover fare qualcosa, sente di dovergli 
qualcosa, sente il debito di riconoscenza che non sa come ripagare. 
Forse noi che di questi partigiani siamo nipoti e figli dovremmo fare qualcosa, così come 
fecero molto loro per noi. 
Ci hanno lasciato un’eredità pesante, forse troppo pesante: difendere il nostro paese, 
difenderne le Istituzioni, difenderne la democrazia. 
Ne saremo capaci? 
Ne avremo la forza? 
Ci sentiamo all'altezza di un compito così grande? 
Difendere l'Italia contro qualunque rigurgito reazionario, contro ogni azione distruttrice 
dello stato sociale, delle Istituzioni. delle garanzie, contro ogni sopruso, contro ogni 
possibile oscuramento di libertà, difendere il fondamento repubblicano e la dignità dei 
lavoratori. 
Ma tutte queste cose non si stanno già incrinando?  
Non sono già in atto rigurgiti pericolosi? 
Riusciremo a Resistere e difendere la nostra Carta Costituzionale? 
Francamente non so se ne saremo capaci,  perché bisognerebbe ogni tanto essere onesti 
con noi stessi, al di là dei propositi è davvero una cosa enorme. 
Ma bisogna provarci, dobbiamo metterci tutti quanti in gioco, con coraggio, con umiltà, 
con responsabilità. 
Questa è l’ora del combattimento. 
Siamo entrati di nuovo nella Resistenza.  
Combattere con ciò che abbiamo e ciò che abbiamo sono le armi che la democrazia ci ha 
donato, la libertà di parlare, la comunicazione, la protesta, la lotta politica, l’impegno di 
ogni giorno, l’informazione verso tutti e per tutti, con l’essere a fianco dei lavoratori, delle 
persone più deboli, dei giovani. 
Dobbiamo farlo con l’umiltà che abbiamo imparato proprio da chi ha vissuto sulla propria 
pelle la lotta di Liberazione, con la stessa responsabilità, con la stessa determinazione, 
mettendosi a disposizione anche oggi come allora di un altro progetto per l’Italia. 
Restituire al nostro paese ciò che merita e liberalo di nuovo da derive populiste pericolose. 
Questo è il nostro compito oggi. 
Dobbiamo farlo con la coscienza che sia necessario, con la convinzione che solo insieme 
riusciremo ad essere degni del lascito democratico Italiano. 
Quando muore un Partigiano, guardiamo il suo volto e specchiamoci nella sua storia. 
Tutti potremo imparare qualcosa e trovare l'orgoglio che ci serve, oggi più che mai.  

Domenico Maglio