martedì 22 gennaio 2013

NO, NON DITE DI ESSERE SCORAGGIATI di Giuditta Pini



Ho bisogno di scrivere, in questi giorni troppe cose mi stanno girando intorno e non ce la faccio più.

Moltissimi amici che non trovano lavoro, che si sono laureati e fanno lavori che non centrano nulla con quello per cui hanno studiato.
Con la consapevolezza che forse non ci sarà nessun futuro, che non riusciremo in tempi brevi a farci una famiglia, a trovare casa, che è impossibile chiedere un mutuo, perché se vuoi 1000 euro la banca te ne chiede come garanzia 5300 ( ma allora forse non verrei a chiederti un mutuo o un prestito non credi?), con assicuratori che ti inseguono dicendoti che se vuoi una pensione minima tra 35 anni dovrai mettere i tuoi soldi in un fondo privato a fondo perduto perché la riforma Fornero è fatta così.
Con anziani che in centro ti vendono la lavanda raccolta nelle aiuole del comune per avere 2 euro e comprarsi un panino, con bambini immigrati insultati dai fascisti, e poi accendi la tv e vedi operai dell'Ikea non pagati che vengono manganellati, violenze che si somma a violenza, bombe su Gaza, con commentatori che ti dicono: “beh ci sono le elezioni in Israele a gennaio, bisognava dare un segnale forte”.

Credo fortemente, ho sempre creduto (forse in modo un po' ingenuo) che fare politica voglia dire mettersi in gioco per cambiare il mondo.

Non è facile, e mi prendo volentieri insulti per quello che ha fatto o non ha fatto la sinistra italiana quando ero alle elementari. Però gradirei che si capisse una cosa:
fare politica non vuol dire solo fare il senatore, vuol dire anche non buttare le cartacce per terra, vuol dire scorciarsi tutti i giorni con logiche incomprensibili per cercare di arrivare a un bene comune.

Ora io non lo so cosa succederà, forse l'unica speranza sono i Maya, però per favore, cerchiamo di ragionare insieme, la situazione è insostenibile, le persone si suicidano perché non possono pagare l'affitto, possiamo continuare dicendo che sono tutti uguali e lasciare che decidano in 10 le sorti di miliardi di persone, oppure possiamo metterci in gioco, forse l'ultima carta che ci rimane.
Dobbiamo cambiare le regole del gioco, quelle regole che anche la sinistra italiana (tutta) ha portato avanti:
il mercato non si autoregola, le banche non sono enti benefici e non possono avere finanziamenti pubblici se non li reinvestono nel pubblico, c'è chi si fa il mazzo tutti i giorni per cambiare il proprio pezzettino di mondo e chi si fa finanziare da Telecom per dicendo che sono tutti uguali.

Poi vedo che mentre consiglieri delegati dell'Hera invocano la rottamazione, ragazzi e ragazze vengono presi in giro sulle pagine del Carlino o della Gazzetta, omettendo che da soli portano avanti una battaglia per una città più giusta, in cui chiunque possa avere un luogo di culto, in cui non si sia costretti a pregare in mezzo alla neve perché qualche proto leghista ha deciso che così è più divertente, in cui anche i grandi poteri di questa provincia vengano regolamentati.

E allora mi tiro un po' più su e mi ricordo delle parole di Giacomo Ulivi, partigiano di 19 anni fucilato in Piazza Grande:

È il tremendo, il più terribile risultato di un’opera di diseducazione ventennale, di diseducazione o di educazione negativa, che martellando per venti anni da ogni lato è riuscita ad inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della "sporcizia" della politica, che mi sembra sia stato ispirato per due vie. Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è un lavoro di specialisti (...) Teoria e pratica concorsero a distoglierci e ad allontanarci da ogni attività politica. (...) Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora, che nella vita politica ci siamo stati scaraventati dagli eventi. (...) Credetemi, la cosa pubblica è noi stessi: ciò che ci lega ad essa non è un luogo comune, una parola grossa e vuota. (...) Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, che ogni sua sciagura è sciagura nostra...per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma cominciamo a guardare in noi, e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere. 

Anche grazie a persone come lui il mondo è stato più giusto, anche grazie a lui oggi posso scrivere questa nota.

Giuditta Pini